I custodi del fuoco – La scoperta del 1191
La pioggia cadeva sottile, disegnando rivoli neri sulle pietre annerite. L’abbazia di Glastonbury era un relitto di fumo e macerie dopo l’incendio del 1184. Dalle navate crollate si alzavano colonne spezzate come ossa di giganti; gli affreschi, un tempo colorati, erano ridotti a polvere.
Un gruppo di monaci camminava in silenzio tra le rovine. Le loro tuniche, intrise d’umidità, odoravano di fuliggine. Uno di loro, con voce roca, ruppe il silenzio:
— Senza pellegrini, saremo dimenticati. Senza un segno, l’abbazia non risorgerà mai.
L’abate Enrico di Sully alzò lo sguardo verso il Tor, che si stagliava nella nebbia come un dito puntato al cielo. Poi parlò con tono grave:
— Scaveremo. Non solo per ricostruire, ma per ritrovare ciò che i secoli hanno nascosto.
C’era chi mormorava che lo stesso Enrico II Plantageneto, poco prima di morire, avesse confidato ai monaci: “Cercate sotto la terra di Glastonbury. Lì giace il corpo di Artù. Mostratelo al mondo, e nessuno attenderà più il suo ritorno.”
⚜️ Immaginate la scena: torce che tremolano nella notte, pale che affondano nella terra bagnata, i monaci che recitano salmi per non lasciarsi sopraffare dalla paura. Ogni colpo di ferro nel terreno suona come un rintocco funebre.
Dopo giorni di fatica, a cinque metri di profondità, un colpo secco. Le pale hanno urtato qualcosa di diverso: non pietra, non radici, ma legno e metallo.
— È qui… — mormorò uno dei monaci, stringendo il rosario con le mani tremanti.
Nella fossa emerge un sarcofago annerito. Sopra di esso, una croce di piombo, lucente come appena forgiata. Alla luce tremolante delle torce, un giovane monaco legge ad alta voce l’iscrizione:
“Hic jacet sepultus inclitus Rex Arthurus cum Wenneveria uxore sua secunda in insula Avalonia.”
Un silenzio irreale cala sul gruppo. Poi un vecchio monaco si inginocchia, le lacrime che gli rigano il volto.
— È lui… il rex quondam. Ma se è morto… non tornerà mai più.
Quando sollevano il coperchio, l’odore di terra antica riempie la fossa. Le torce rivelano ossa gigantesche, sproporzionate per un uomo comune. Accanto, ossa più piccole, delicate, come quelle di una donna.
Uno dei monaci lascia cadere la torcia, bisbigliando:
— Artù e Ginevra… Avalon era qui sotto i nostri piedi.
⚜️ Immaginate il brivido: le ombre delle torce che danzano sul volto dei monaci, gli occhi spalancati, il sudore che cola nonostante il freddo. La leggenda, il mito più grande della Britannia, ridotto a ossa e piombo davanti ai loro occhi.
La notizia corre. Pellegrini accorrono, portano denaro e doni. L’abbazia, ridotta in rovina, rinasce. Il miracolo è compiuto.
Ma non tutti sono convinti. Ralph di Coggeshall, cronista attento, annota con sarcasmo:
— Una scoperta curiosamente provvidenziale, nel momento più disperato dell’abbazia.
Giraldo di Cambriae, invece, è entusiasta. Descrive ossa “oltre la misura comune” e una croce “incorruttibile”.1
Guglielmo di Malmesbury, invece, non aveva mai menzionato Artù nella sua De Antiquitate Glastoniensis Ecclesiae. Solo dopo il 1191, il testo inizia a circolare con interpolazioni sospette che collegano Glastonbury ad Avalon.2
👉 Già allora le voci si dividevano: miracolo o menzogna? Scoperta o propaganda?
Avalon, il Graal e il segreto proibito
Ma Glastonbury non era un luogo qualunque. Da secoli era associata ad Avalon, l’isola delle nebbie. Lì, secondo la tradizione, Artù era stato portato da Morgana per essere guarito. Lì, secondo il poeta Robert de Boron, Giuseppe d’Arimatea aveva portato il Santo Graal.3
⚜️ Immaginate i pellegrini che si inginocchiano davanti al “Holy Thorn”, il biancospino che fioriva in inverno. Il vento muove i rami, e la collina del Tor scompare nella nebbia. Per loro ogni pietra è sacra, ogni passo è un viaggio verso Avalon.
La tomba, quindi, non era solo un sepolcro: era il sigillo che trasformava Glastonbury in Avalon, il centro sacro della cristianità.
Ma dietro il mito, si celavano segreti inquietanti.
John Michell vide nella collina un nodo di una rete di siti megalitici che collegava Stonehenge e Avebury, una “mappa celeste” scolpita nella terra.4
John Matthews ipotizzò che i monaci avessero trovato non ossa, ma reliquie templari o documenti gnostici. Le ossa sarebbero state solo un diversivo per nascondere un segreto troppo pericoloso.5
von Däniken osò ancora di più: la croce di piombo, troppo perfetta, troppo resistente, era forse un manufatto alieno, un oggetto anacronistico depositato secoli prima.6
Un cronista anonimo del luogo annotò una voce popolare: al momento dell’apertura della tomba, si sprigionò un profumo dolce, come nei miracoli dei corpi incorrotti. Non odore di morte, ma di santità.
Un vecchio monaco, riportano i racconti, avrebbe sussurrato in quel momento:
— Non è un sepolcro, è un segno. Avalon non muore, Avalon respira.
⚜️ Immaginate la folla che si accalca intorno alla fossa, il mormorio che diventa grido, le lacrime e i canti che si alzano al cielo. Non ossa, ma reliquie. Non morte, ma miracolo.
Eppure, con il tempo, la croce di piombo scompare. Le ossa spariscono. La Chiesa non proclama mai ufficialmente la scoperta. Tutto svanisce, come se il silenzio fosse più utile della verità.
Conclusione – Il mio giudizio personale
Non credo che la tomba di Glastonbury fosse solo un falso. Troppo perfetta, troppo utile, troppo carica di simboli per essere casuale.
Io vedo due possibilità, entrambe provocatorie:
- Una falsificazione che copriva una scoperta autentica
I monaci trovarono davvero ossa antiche – forse di un capo britanno del V secolo – e costruirono sopra di esse la leggenda arturiana. La croce fu incisa, i testi interpolati, ma la base era reale. - Una scoperta proibita
Nella fossa fu trovato qualcosa di inaccettabile: reliquie templari, testi gnostici, o persino un manufatto anacronistico. Le ossa furono una messa in scena per distrarre.
E voglio osare ancora: se quella croce fosse stata davvero un oggetto alieno, come alcuni hanno insinuato? Se Glastonbury fosse stata non solo Avalon, ma un portale tra mondi? Se l’odore di santità fosse stato l’effetto di sostanze rituali usate dai monaci per suggellare l’aura di sacralità?
⚜️ Immaginate un monaco, solo nella cripta. Solleva la croce di piombo. Le lettere brillano di luce propria. Il suo volto è terreo, le mani tremano. Capisce che il mondo non deve sapere. Il segreto deve restare sepolto.
Ecco perché la croce è scomparsa. Ecco perché le ossa sono state fatte svanire. Non perché erano false, ma perché erano troppo vere.
Per me, la tomba di Artù non è mai stata solo una leggenda medievale. È il simbolo di come la storia venga manipolata, occultata, riscritta. Forse il più grande enigma d’Inghilterra non riguarda la morte di un re, ma la volontà di nascondere un segreto capace di cambiare tutto.
Ed è qui che la lezione di Glastonbury diventa eterna: la verità non si trova mai in superficie. È sepolta sotto strati di mito, potere e silenzio.
Per questo, più che mai, dobbiamo ricordarlo: nulla è come sembra.
Federico Azzone
Fonti e bibliografia essenziale
- Adam di Damerham, Historia de Rebus Gestis Glastoniensibus Ecclesiae (XIV sec.).
- Ashe, G. (1968), The Quest for Arthur’s Britain.
- Carley, J. P. (2001), Glastonbury Abbey and the Arthurian Tradition, Boydell.
- Barber, R. (2004), The Holy Grail: Imagination and Belief.
- Warren, A. (1973), Henry II.